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Menzione Speciale
Scrivendo Ancora 2022 Sez. Racconti

Patrizia Birtolo

con il racconto breve “Gli uccelli vanno a morire in Perù”. 

Leggi il racconto. Clicca qui.

Il giudizio della giuria

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Chi sono

PATRIZIA BIRTOLO  Laureata in lingue, insegno nella scuola primaria. Sposata, ho due figli. Nel 2006 l’esordio con Cut Up Edizioni. Partecipo da tempo a premi letterari riportando apprezzabili risultati fra cui una ventina di piazzamenti sul podio di concorsi nazionali. I miei racconti sono stati pubblicati in svariate antologie collettive. Nel 2012 è uscita la raccolta Qualcosa di rosso per le Edizioni Montag, l’opera ha vinto la sezione ‘narrativa edita breve’ al Premio Residenze Gregoriane nel febbraio ’21. Del luglio 2021 il romanzo Cime (di rapa) tempestose edito dalla casa editrice Ciesse.

Ho fatto parte della Giuria nei concorsi “Città di Sarzana” (2021) e “Passaparola” (2020-2021).

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Giudizio della giuria

Ai fini della Menzione Speciale è risultato rilevante il tema che va inserito all’interno di un contesto più ampio ossia il totale disprezzo delle multinazionali nei confronti del pianeta, della sue risorse e delle creature che lo abitano, animali ed esseri umani. Il 5G altro non è che l’ennesima innovazione tecnologica dalle oscure ripercussioni sull’ambiente e chi lo abita e che si propone al solo fine di lucro e per applicazioni ludiche non certo mediche o di sostegno a popolazioni disagiate. Ma il 5G ha anche diviso l’opinione pubblica e quindi parlarne dimostra coraggio, un coraggio che deve essere premiato e divulgato affinché il dibattito resti acceso.

Queste le ragioni alla base dell’attribuzione della Menzione Speciale.

GIUDIZIO PATRIZIA BIRTOLO
Racconto Patrizia Birtolo

Racconto Patrizia Birtolo 

GLI UCCELLI VANNO A MORIRE IN PERU'

 

Per quanto mi piaccia il mio campo, e il mio campo sono gli uccelli, devo ammettere che ogni tanto l’ambito di cui mi occupo mi crea delle difficoltà. Questo fatto di dire “mi occupo di uccelli” e “mi piacciono gli uccelli” ha comportato un sacco di rogne, fin da bambino.

Da adulto e negli approcci con le donne non parliamone proprio.

Ora, se siete un ornitologo c’è un posto al mondo che non dovete assolutamente perdervi. D’accordo la Camargue, d’accordo lo Skagen, d’accordo le isole della Scozia, d’accordo tutto. Però il Perù è il Perù.

Se siete ornitologi, o almeno appassionati di birdwatching, il Perù per voi sarebbe la stessa cosa che per un bimbo un gigantesco Luna Park pieno di attrazioni fantasmagoriche. O, se volete un esempio un po’ meno naif, la stessa cosa che per un playboy ritrovarsi come unico invitato a un top model party.

In Perù ci sono 1818 specie d’uccelli che vivono in habitat differenti. E fragili.

In Perù c’è più varietà di specie che in tutto il Nord America e l’Europa messi insieme, ok?

Di queste 1818 specie, centosei sono endemiche. Endemico non è una brutta parola, come ad esempio pandemico. Endemico vuol dire che quelle specie le trovate solo lì.

Se le volete vedere, o almeno avere qualche debole speranza di poterle avvistare, dovete farvi un bel viaggetto.

Non è detto che poi ce la facciate, potrebbe succedervi come è successo a me, sono andato in Ecuador con la speranza di avvistare i tucani grigi di montagna e non ne ho visto neanche uno. Tornando al Perù, gli uccelli in Perù ci vivono, e ci muoiono anche, in piena serenità. Gli uccelli vanno a morire in Perù (non dico tutti, ma quantomeno gli uccelli peruviani, quelli che ho studiato io per un bel po’ di mesetti) su una spiaggia dieci chilometri a nord di Lima.

Una volta una ragazza che voleva far colpo su di me – quelle che vogliono far colpo su di me vanno sempre dal bruttino all’inguardabile – mi ha detto che c’è anche un film che parla di questa cosa, della spiaggia che ho battuto palmo a palmo per mesi e mesi studiando i miei uccelli. E pure un racconto. Mi ha detto che questo racconto è stato pubblicato per la prima volta nel 1964 sulla rivista Playboy, forse voleva darmi a intendere che era una ragazza di ampie vedute cui piace tenersi aggiornata sulle curiosità letterarie. Secondo me, quelli della redazione di Playboy l’hanno pubblicato pensando ad altri uccelli, o pensando che i lettori pensassero ad altri uccelli. Non capisco come la gente possa perdere tempo a scrivere racconti – e a leggerli, peraltro – con tutti i begli uccelli che ci sono da studiare, osservare, fotografare. Comunque, a ciascuno il suo.

Perché vi sto tediando? Ho bisogno di sfogarmi un po’.

Il 2020, che dura ormai da un paio danni a questa parte (no, non mi sono dimenticato l’apostrofo, intendevo proprio danni, morali e materiali) è stato molto difficile per tutti, specialmente per noi ornitologi. Ecco, so che non è carino rivolgersi alla gente e affliggerla riversandole sulla testa i propri problemi, ma credetemi: in breve i problemi degli altri possono diventare anche i nostri. L’eccesso di egoismo è sempre punito dal karma, per cui scusate, ma devo anch’io parlare per l’ennesima volta del problema principale dal 2020 in qua: il 5G e la morìa degli uccelli che c’è stata in tutte le varie zone del mondo.

Sì, d’accordo, ce ne sono stati tanti di problemi nel 2020, ma questo mi sembra proprio il principale. No?

Beh, cominciamo l’anno con venticinquemila tacchini stecchiti in Polonia orientale, il due gennaio. L’otto gennaio ventunomila uccelli morti a Chhattisgarh, in India. Il giorno dopo centinaia di migliaia di uccelli morti nella Repubblica Dominicana. E il giorno seguente, dieci gennaio, decine di uccelli selvatici trovati morti, per una ragione sconosciuta, a Kuban, in Russia. L’undici gennaio tocca alla Nuova Zelanda, ancora centinaia di uccelli morti, il tredici gennaio è la volta di cinquantamila tacchini ungheresi, e poi ricominciamo il giro con la Polonia: seimila oche lo stesso giorno degli sventurati tacchini magiari. Fanno presto seguito altre centoquindicimila anatre delle stesse parti. E siamo al quindici gennaio. Lo stesso giorno, quindicimila uccelli morti a Maramures, in Romania. Il giorno dopo una trentina di rapaci morti in Messico, a Cerro Cabezon. E il giorno dopo ancora il Cile, con una settantina di uccelli marini morti a Concon. Il due febbraio la Cina, morti diciottomila polli a Hunan. Il quattro febbraio abbiamo l’Arabia Saudita, il sei febbraio l’Iran con i suoi fenicotteri a Mazandaran, poi le seimila anatre bulgare a Rakovski, il diciannove febbraio centinaia di migliaia di uccelli morti a Maunganui Bluff, in Nuova Zelanda, il venticinque febbraio altra morìa nel Galles del Nord, poi in Pennsylvania, poi i polli vietnamiti, poi il Missouri, poi gli avvoltoi della Guinea Bissau, poi ancora la Nuova Zelanda, poi è arrivato un momentaccio per i pipistrelli indiani, poi la Svizzera – e siamo a metà marzo – poi l’isola di Réunion, poi Israele.

Ma non vi fa impressione? Credevo di sì. C’è stato un periodo che sentivo dire in continuazione “povero gabbiano, povero gabbiano”. ‘Sto povero gabbiano era sulla bocca di tutti, credevo dipendesse da un sensibile aumento di consapevolezza delle coscienze. Quando mi hanno spiegato come stavano davvero le cose per giorni mi son ripetuto come un mantra “povero illuso, povero illuso”.

Tenete conto che, anche se non ve lo meritereste, vi ho risparmiato le recidive di aviaria in Vietnam e nelle Filippine. In quei casi sì, è stato un virus, ma non ci sono prove che lo sia stato negli altri. E poi, non sappiamo gestirci i nostri di virus, evitiamo di lambiccarci in fantasticherie sui virus delle altre specie, che è meglio.

Quelle che ho elencato io sono solo le morti inspiegabili, senza ragione apparente.

Apparente, dicevo, a meno che queste siano semplicemente strane e drammatiche coincidenze che si sono verificate proprie nei paesi dove sono state allacciate nuove connessioni. Io lo odio, il 5G.

Non promette niente di buono. Nessuno vi parlerà onestamente del rapporto rischi-benefici, e il motivo è di una semplicità sconfortante. A fronte di una pretesa maggior velocità di comunicazione (non si dicono già ora abbastanza cretinate d’impulso, sui social?) e tante belle comodità in più, l’amara verità è che ci saranno enormi vantaggi economici per pochi, e questi vantaggi sono chiari e sicuri, e pochissime certezze riguardo gli svantaggi e le ripercussioni sulla salute di tutti. Nessuno sa se il 5G faccia male, perché i ricercatori lo stanno ancora studiando. Allora, io direi: prima studiate e poi si passi al 5G, una volta appurato che non fa nulla di male. Comodo tacciare di catastrofismo e complottismo chi ha qualche obiezione da sollevare, accusandolo di mettere i bastoni tra le ruote del progresso, specie quando il progresso coincide con l’ipertrofia del proprio conto in banca. Lasciateci fare, poi si vedrà. Eccolo, il motto delle multinazionali.

Se vi aspettate delle riposte dal 5G, mi sa che vi state facendo un bel po’ di illusioni. Il 5G è la rivoluzione più sfigata della storia, parola mia. Anzitutto il nome, ma andiamo! 2G, 3G e 4G sono state delle rivoluzioni improntate a un fattore importante, oggettivo, misurabile. La velocità. Il 5G non è la stessa cosa. Ma qualcuno è ancora convinto che si tratti solo di poter scaricare qualche applicazione in più, o ascoltare più musica in streaming.

E per capirci davvero sarebbe necessario addentrarsi in un ginepraio di faccende molto, molto tecniche. L’unica, ma proprio l’unica cosa sulla quale è d’accordo l’intera comunità scientifica internazionale è questa: sono necessari nuovi studi sull’elettrosmog. È come se fossimo arrivati a un bivio, e le decisioni da prendere non sono poi tante, si possono fare giusto un paio di cose.

Nel dubbio, non sapendo ancora con certezza quali ripercussioni potrebbero esserci per la salute del pianeta, accettare il rischio e andare avanti.

Oppure fermarsi, aspettare e cercare di capirne di più.

Il mercato, come al solito, ha già deciso.

Non aspetta il legislatore, non aspetta il ricercatore.

 

Nei casi delle morìe di uccelli registrate in diverse parti del mondo quello che emerge da ricerche incrociate è che si sono verificate in luoghi dove è stato introdotto o si stavano attivando le nuove linee per la connessione internet. Bangalore in India è la prima città che ha inserito la connessione 5G, in Nuova Zelanda è stata attivata la connessione a fine 2019 mentre in Iran nel mese di febbraio 2020.

Naturalmente, se aveste interessi folli in gioco, non taccereste come bufale, dicerie e fake news tutto ciò che potrebbe sollevare dubbi, intralciarvi, costituire un ostacolo?

Tornando ai miei poveri uccelli, e al luogo dove preferirebbero morire, manca solo di sentirgli imputare che stiano facendo una sceneggiata, che la stiano mettendo giù un po’ troppo dura, che vogliano attirare l’attenzione.

Certo, un buon modo di attirare l’attenzione altrui è senz’altro, senza dubbio alcuno, quello di piombargli in picchiata sulla testa.

O smettere di fare quello che hai sempre fatto. Nel loro caso, volare.

Di botto, sbam, tutti giù per terra, a suicidarsi in massa.

Cos’altro si può fare per manifestare un disagio se non lasciarci le penne così, platealmente, tutti insieme, senza ragione plausibile?

Vedete, agli uccelli non interessa niente aver ragione in un thread che si è andato infiammando su Facebook, o prendere più like per un articolo pubblicato sul proprio sito, o mettersi in impermeabile giallo con la faccia incazzosa sulla copertina di un libro, o avere visibilità nelle conferenze. Ve lo garantisco io, che li conosco bene. E se c’è qualcuno così accecato dai propri interessi da attribuire le colpe ai botti di Capodanno, a virus misteriosi, a semi velenosi, all’inquinamento dilagante, beh, non lasciamolo fare indisturbato. Oh, certo, vi decanterà tutti i vantaggi del prossimo smartphone, e tutti gli oggetti dell’Internet of Things, per gli amici IoT. Vi parleranno di casa intelligente, auto intelligente, oppure di fabbrica intelligente, ambito in cui le tecnologie IoT stanno contribuendo in termini di distribuzione dell’intelligenza del sistema. Che vuol dire? Non preoccupatevi se non capite, l’importante è che suoni tutto molto fico. Dai, non state a sottilizzare. Non fatevi troppo domande. Non siate diffidenti, non fate i musoni.

È tutto smart, adesso, smart questo, smart quello. Pensate a quanti problemi pratici risolti in un amen.

Poi, magari, a furia di farvi risolvere i problemi pratici da “altro”, compresi quelli più stupidi, tipo:

…Alexia, sapresti dirmi che temperatura c’è oggi?

Oh pirla! Ma ce l’avrai un balcone, quantomeno una finestra, metti il naso fuori e tira un po’ tu le somme, no?

Siete sicuri che di intelligenza ve ne resterà da esercitare abbastanza, abituati come sarete a delegare sempre tutto?

Avrete la capacità di risolverveli da soli, i problemi, all’occorrenza?

Sapete com’è, usare la testa non guasta mica. Il buon uso conserva, pare.

E quindi, per dirvela tutta fino in fondo, mi sentivo più tranquillo quando l’unica cosa smart erano gli Smarties, se ne mangiavi troppi ti veniva la carie.

Comunque, tornando seri, nel caso vi fosse rimasta la curiosità: IoT significa interconnessione di oggetti intelligenti, che si scambiano informazioni. Informazioni su di voi. Le possiedono, le raccolgono e le elaborano.

E le conservano… Interpretano le necessità vostre a modo loro. Desumono.

Certo, magari vi sembrerà folkloristico, all’inizio, che quando aiutiate vostro figlio a fare una ricerca sull’Homo Erectus poi la rete vi martelli di suggerimenti contro le disfunzioni del pipparuolo, ma credetemi, non è così.

Vi blandiranno con promesse di nuovi, imperdibili vantaggi, a fronte di un prezzo altissimo che, all’apparenza, pagherà qualcun altro da qualche altra parte.

Del resto, perché rinunciare al 5G quando sarà in grado di controllare i comunissimi lampioni delle nostre città, di regolare, pensate, la loro luminosità sulla base delle condizioni di visibilità. Tanto poi ci pensano le insegne al neon e le luci dei centri commerciali illuminati come un albero di Natale 24/24 a consumarla, l’energia.

Ci inventeremo altre giornate del “mi illumino di meno” per sentirci più bravi. Oppure, pensate che figata: semafori che si sincronizzano per creare un’onda verde al passaggio di un mezzo di soccorso. Tutto questo è Internet of Things!

Ma dico: non era sufficiente quel meraviglioso gesto di civiltà che consiste nell’accostare per lasciare strada a un’ambulanza?

Io lo odio il 5G. Risolve un sacco di problemi che senza di esso non esisterebbero neppure. In compenso, ne crea molti altri che non sai nemmeno da che parte cominciare ad affrontare. Il 5G è un po’ come il matrimonio, insomma.

Sembra tutto bello, all’inizio, ma mica sai davvero dov’è che ti porta.

Fatevelo dire da uno che ha deciso di vivere da solo undici mesi l’anno, in un osservatorio per studiare l’avifauna, in Northumberland.

Preferisco vedermela con l’Edredone comune, che con il 5G.

E voi, per piacere, lasciate che gli uccelli vadano a morire dove se la sentono di più, e non intontiti da tutte le microonde letali che infestano l’etere.

Lasciate che si scelgano da soli la loro Benares. Perché c’è una Benares per tutti.

Se volete che la vostra sia a forma di cellulare di ultima generazione, non posso impedirvelo. Ma se ci deve andare di mezzo la natura, allora dovrete passare sul mio cadavere. Tanto, ho già deciso.

Nel malaugurato caso, ho in mente un bel funerale in stile tibetano.

Un funerale celeste. Avete mai sentito parlare del Jhator?

È una pratica tornata ad essere legale dagli anni ‘80.

Il rito prevede che il corpo del defunto venga scuoiato, smembrato con un'ascia ed esposto agli avvoltoi perché se ne possano cibare.

Dopotutto, gli uccelli mi hanno dato da mangiare per una vita intera. Arriverà il momento che dovrò pur ricambiare il favore.

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Fine

Giudizio

Antologia Scrivendo Ancora 2022

ANTOLOGIA  RACCONTI ANCORA 2022.jpg

Nell'Antologia è presente il racconto "Gli uccelli vanno a morire in perù" di Patrizia Birtolo

Autori Vari
Collana: Narrazioni
Genere: Raccolta di racconti brevi
Formato : Cartaceo e ebook
Uscita: 2022
Prezzo cartaceo : euro 17,00
Prezzo ebook:  euro 4,99

ISBN  9791280865298

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